In casa ormai sono saltati tutti gli schemi a cominciare dall’orario in cui si va a letto. Così spesso capita che Luca si ritrovi la sera a vedere con me dei programmi televisivi di approfondimento.
In uno di questi momenti, mentre lo schermo ci rimandava le immagini di maiali tutti rosa rinchiusi in stalle dove vivevano l’uno sull’altro e si muovevano solo quando sentivano l’odore del cibo, Luca mi ha detto:
«Mamma scusa ma se uno vuole lavorare con gli animali in questa industria in pratica non sta mai con gli animali?»
Già, cosa rispondere a un bambino di 8 anni che sogna di lavorare con gli animali per poterli accarezzare, pulire e coccolare?
Non gli si può rispondere nulla perché ha ragione. Abbiamo superato la misura.
Ma oggi che siamo rinchiusi in casa dall’inizio di marzo, per un virus che ha costretto a scelte estreme possiamo cogliere l’occasione per riflettere sul futuro che vogliamo avere.
La natura ci sta lanciando segnali che non possiamo ignorare: dai leoni del Sudafrica sdraiati tranquilli al sole sull’asfalto, ai due panda che per 13 anni hanno vissuto nella stessa gabbia allo zoo di Hong Kong ma non si sono mai accoppiati fino all’arrivo del lockdown, al nostro Po che è torna limpido anche nei tratti cittadini, tutto il mondo naturale sembra farci capire che in questi anni ci ha solo fatto il favore di mettersi da parte per farci credere di “essere superiori”.
Il virus ci ha lanciato una sfida. Possiamo cambiare le regole del gioco capendo che non siamo i custodi sovrani del pianeta ma solo un anello della catena che tiene insieme il pianeta.